Enzo Salanitro

ARTESTUDIO 1984

Formazione gruppo Artestudio e prima esposizione

Artestudio si forma a Catania nel 1984 da una aggregazione di giovani artisti con i quali collaborerà successivamente lo storico-critico Paolo Giansiracusa, ordinario di storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Catania.
Inizialmente il progetto di insieme ebbe origine da 
un’idea di Enzo Salanitro e Nicola Zappalà al fine di miscelare esperienze artistiche personali in progetti comuni.

In seguito  verranno collaborati da Tony Condorelli, artista già operante a Catania con un suo spazio denominato Artestudio esistente in via Malta 52, che diviene uno spazio alternativo di confronto nell’ambito di giovani artisti dell’Accademia di belle Arti di Catania tra cui Giuseppe Altomare, Renato Pettinato, Mario Glauso, Natale Platania, Domenico Pappalardo, Salvo Russo.

Con la mostra “La forma e il colore” tenutasi al castello normanno di Adrano, al gruppo si aggrega Paolo Giansiracusa

Idee e progetti per una performance artistica sulla non violenza

Nel gennaio del 1985, dal 4 al 6, ad Avola, in conseguenza ai fatti accaduti durante gli scontri tra braccianti e polizia del due dicembre1968 nel corso dei quali persero la vita due operai, Angelo Sigone e Giuseppe Scibilia, e produsse 48 feriti di cui 5 gravi, supportati da AICS di Roma si diede vita ad una serie di interventi per ricordare i “Fatti di Avola” e, con Paolo Giansiracusa, il gruppo Artestudio realizza un progetto artistico-installativo nella piazza principale del paese.



Il luogo e i fatti per una performance artistica sulla non violenza

Nel mese di dicembre del 1968 tra i mandorlati avolesi e lungo la strada statale che da Siracusa conduce ad Avola avveniva uno scontro fratricida tra i  braccianti agricoli e gli uomini della polizia. Fu uno scontro violento nel quale trovarono la morte due contadini: Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia. 
Al loro sacrificio è stata dedicata una lapide ma molto di più avrebbero meritato questi due difensori dei diritti umani. A loro l'A.LC.S. ha voluto dedicare il monumento alla non violenza realizzato dal gruppo Artestudio composto da Giuseppe Altomare, Tony Condorelli, Mario Glauso, Domenico Pallalardo, Renato Pettinato, Natale Platania, Salvo Russo, Enzo Salanitro, Nicola Zappalà. 
Il monumento, ospitato tra il 4 e il 6 gennaio del 1985 nella settecentesca piazza principale del centro storico avolese, con il suo simbolismo ricco di significati e di contenuti ha condannato ogni forma di violenza, ogni angheria, tutti i soprusi compiuti dall'uomo sulle creature più indifese. 
La struttura principale dell'opera era costituita da un tunnel realizzato con elementi lignei e una rete di corda nella quale erano intrappolati uccelli rapaci dipinti con colori violenti, disegnati con segno aggressivo. La sua forma irnbu-tiforme, strozzata nella parte centrale attraverso un sistema di reti più fitte, aveva l'ingresso rivolto verso il punto sacro del paese, laddove il cardo e il decumano si incrociano per determinare il centro del sito urbano. L'uscita, piena di ostacoli e di «tentazioni» (fra cui un groviglio di corde che a mo' di piovra o di ragnatela intrappolavano volatili buoni e cattivi), era rivolta verso uno dei quattro settori della piazza. Dinanzi l'apertura di uscita del tunnel tre strutture cubiche e una gabbia stavano a simboleggiare quattro atteggiamenti della condizione umana. 
Il primo cubo privo di due pareti verticali rappresentava lo specchio della coscienza. Chiunque dinanzi al vuoto determinato dall'assenza di due degli elementi strutturali avrebbe potuto ritrovare se stesso; ogni passante specchiandosi e confrontandosi con la nudità della struttura avrebbe potuto riscoprire l'equilibrio interiore della coscienza. 
Il secondo cubo era caratterizzato dalla agoma dell'uomo che ne perforava due pareti frontali. L'uomo attraversando la materia la qualifica con la sua presenza, la plasma e la organizza secondo i propri desideri. Questo è in sintesi l'itinerario della civiltà: basato su continue, lente trasformazioni che vedono l'uomo permanentemente dinanzi ad un bivio rappresentato dalle strade del bene e del male. Quando la scelta è errata l'uomo perde il rispetto per la materia e la sfrutta per la costruzione di armi micidiali, per la preparazione di una battaglia che esci ude ogni sentimento di pace e di libertà.
Paolo Giansiracusa.

 
                   
 

Idee e progetti per un intervento cromatico segnico nelle grotte trogloditiche di Sperlinga

Le grotte trogloditiche

Le grotte trogloditiche scavate nel masso di arenaria ad est del centro urbano fino a qualche decennio fa erano interamente abitate; oggi invece sperimentano un immeritato abbandono. Solo alcune sono le grotte che continuano ad essere utilizzate, ma non per lo scopo abitativo. Nel terzo livello viario alcune grotte sono state recentemente acquistate dal Comune di Sperlinga il quale ha provveduto ad utilizzarle come spazio espositivo per la mostra permanente di oggetti della cultura popolare e contadina. È in tali grotte e lungo il terzo livello viario che ha luogo l'intervento cromatico-segnico previsto per il 14-18 agosto 1985.

L'intervento cromatico-segnico

Le idee e i progetti formulati per la realizzazione di un intervento cromatico-segnico sul masso delle grotte trogloditiche di Sperlinga traggono spunto dalle qualità plastiche e cromatiche del luogo. L'idea iniziale (Paolo Giansiracusa) era quella di marcare le venature cromatiche della roccia sperlinghese in modo da renderle più leggibili: il risultato sarebbe stato quello di "ingabbiare" il masso con un intreccio colorato integrato con segni e simboli storicamente codificati. A tale intenzione originaria, via via che si discuteva il progetto, si è aggiunta l'idea di valorizzare l'immagine del masso (Mario Glauso) rendendolo visivamente fruibile attraverso una serie di strutture aeree di facile realizzazione. Sulla pista della interpretazione cromatico-segnica della pietra locale si sono orientati i progetti di Enzo Salanitro e Nicola Zappalà. Salanitro ha ipotizzato campiture colorate, da realizzare su telo, con cui rivestire parti della roccia; su tali superfici il pittore ha tracciato simboli chiaramente ispirati alle vicende storiche sperlinghesi. Zappalà, attraverso linee colorate, ha marcato i segni strutturali dei percorsi viari e degli allineamenti delle grotte ottenendo così il risultato di guidare l'osservatore verso una migliore lettura delle cavità e dei segni tracciati sul masso. Molto vicino a quello di Salanitro appare l'intervento di Renato Pettinato il quale ha eliminato però dalle campiture colorate i sim¬boli e i segni. Una propria pista segue l'intervento di Natale Platania e Salvo Russo i quali, puntando sulle proprie capacità scultoree, ipotizzano la realizzazione di forme volumetricamente semplici da collocare nei punti più significativi del Castello e del masso. Interessante è il cilindro elevato dal Platania dietro il portale gotico del Castello: è un segno verticale che interpreta la vocazione ascensionale del luogo ed è anche espressione della forza con cui il sito è stato difeso in ogni tempo. Di sicuro effetto scenografico sono i progetti approntati da Giuseppe Altomare e Domenico Pappalardo. Altomare ha ideato una grande scultura rossa che, come il tronco contorto di un albero secolare, si aggrappa alla roccia avvolgendone le cavità. Segni arcani e figure teatrali movimentano la scena inserendo l'urlo pauroso. Pappalardo ha ideato figure strutturalmente legate alla pietra ma dotate di una grande forza che le conduce all'aperto dove assorbono luce e colore. Pur se in maniera diversa ogni intervento ipotizzato mira alla valorizzazione del luogo il quale riceve oggi l'ingiustizia dell'abbandono abitativo, del degrado e nei casi peggiori della sostituzione edilizia deturpante e aggressiva.